martedì 30 dicembre 2008

A Napoli è possibile riciclare l’olio da cucina

Disperdere nell’ambiente l’olio utilizzato in cucina, come quello delle fritture o quello nelle scatolette di tonno, nuoce gravemente alla salute dei mari dove questo defluisce dopo essere stato versato nel lavandino. L’olio, infatti è difficile da smaltire, distrugge l’equilibrio che regola certi ecosistemi, disperso nell’acqua ne impedisce l’ossigenazione e provoca danni a scarichi e impianti fognari.

In merito alla questione, andrebbero presi alcuni provvedimenti che invece sembrano mancare, sia a livello informativo che risolutivo del problema. Una voce fuori dal coro è l’iniziativa napoletana ‘Ricomincio da te’, per la raccolta porta a porta dell’olio usato in cucina.

Partito un anno fa grazie al meetup di Acerra, per cui i volontari raccoglievano in piazza due volte a settimana l’olio casalingo, in una città dove non esiste ancora la raccolta differenziata, l’idea sbarca su facebook. Gli interessati dovranno iscriversi sul social network e contattarli.

Fonte: Ecoblog venerdì 12 dicembre 2008

Effetti dei cambiamenti climatici sulle riserve d'acqua

Cambiamenti climatici e acque sotterranee Si parla sempre dello scioglimento dei ghiacciai e dell’innalzamento dei mari, ma come variano le riserve d’acqua dolce (alias le falde acquifere) con il progredire dei cambiamenti climatici?

Al MIT (Massachusetts Institute of Technology) ci hanno pensato e hanno fatto qualche calcolo, arrivando a dire che gli effetti sulle acque sotterranee possono anche essere più rilevanti dei cambiamenti nelle precipitazioni.

Qualche numero, se le precipitazioni dovessero aumentare del 20%, la variazione delle acque di falda può arrivare anche al 40%. Nel caso negativo, ovvero riduzione per esempio del 20%, si può arrivare a una diminuzione del 70% della ricarica delle falde.

Ovviamente nel fare questi conti bisogna tenere in considerazione molti fattori, tra cui il tipo di suolo, il tipo e la quantità di vegetazione, la stagione (ovvero se siamo in momenti di crescita delle piante - che quindi assorbono più acqua - o meno), e il tipo di precipitazioni (se brevi ma intense determinano minor penetrazione nel sottosuolo).

Comunque la ricerca ci dice che l’effetto dei cambiamenti climatici sulle falde sotterranee, e quindi sulle nostre riserve di acqua potabile, è di magnitudo più grave di quello sulle piogge, e quindi decisamente un problema da non sottovalutare.

Fonte: Ecoblog martedì 30 dicembre

Mobilità sostenibile: il vaporetto a idrogeno di Venezia

Ne avevamo parlato oltre 2 anni fa, adesso è effettivamente partito il progetto del vaporetto a celle a combustibile a idrogeno per Venezia. Il vaporetto a idrogeno, già denominato Vision, fa parte del piano del Ministero dello Sviluppo Economico Industria 2015, relativo alla Mobilità sostenibile, e vede tra i partecipanti Fincantieri ed Ansaldo.

Vision, è a tutti gli effetti un mezzo elettrico alimentato a idrogeno ed elettricità fotovoltaica, prodotta dai pannelli sul tetto, che contribuirà a risolvere il problema dell’inquinamento in laguna provocato dai motori diesel convenzionali, ma anche alla riduzione dello spostamento d’acqua delle imbarcazioni (che danneggia le fondamenta dei palazzi della Serenissima). I tecnici hanno dichiarato che Vision “sarà silenzioso come una gondola”.

Il progetto beneficerà di un finanziamento totale di 12 milioni di euro (di cui 5 pubblici) su tre anni a partire dal prossimo febbraio. Dal 2012 inizierà la costruzione di 12 vaporetti che saranno consegnati nel 2013; il costo unitario previsto è di 2 milioni di euro a vaporetto. Vision potrebbe essere adatto sia per i navigli di Milano che per la navigazione lacustre in generale.

Da sottolineare che Vision rappresenta un’applicazione sinergica alla mobilità lagunare sostenibile dell’area veneziana, interessata da ulteriori investimenti innovativi. L’Enel, ad esempio, sta costruendo a Porto Marghera una centrale elettrica a idrogeno, nell’ambito dell’Hydrogen Park, che rappresenta una componente sostanziale della riconversione del polo chimico alle tecnologie pulite.

Fonte: Ecoblog martedì 30 dicembre 2008



lunedì 22 dicembre 2008

Le acque italiane sempre meno potabili



Acqua poco potabile quella italiana, infestata di pesticidi. Sono almeno 131 quelli trovati e nel 36,6% dei casi, le concentrazioni superano i limiti di legge delle acque potabili. Questi i dati 2006 contenuti nel dossier «Residui di prodotti fitosanitari nelle acque-Rapporto annuale, dati 2006» realizzato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) e reso noto oggi. I risultati del monitoraggio 2006, quindi, «confermano e rendono più evidente uno stato di contaminazione già rilevato negli anni precedenti». Per alcune sostanze, la contaminazione è molto diffusa e interessa sia le acque superficiali, sia quelle sotterranee di diverse regioni «e prefigura la necessità di interventi di mitigazione dell'impatto». In particolare, in Italia si impiegano circa 300 tipi di sostanze diverse, per un quantitativo complessivo di circa 150.000 tonnellate all'anno. I dati relativi al 2006 mostrano una contaminazione diffusa nelle acque superficiali, dove è stata riscontrata nel 57,3% dei 1.123 punti di monitoraggio, nel 36,6% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti previsti dalla legge. Nelle acque sotterranee, invece, sono risultati contaminati a diverso grado il 31,5% dei 2.280 punti totali di rilevamento, con il superamento dei limiti di potabilità nel 10,3% dei casi. Tra le contaminazioni più diffuse, secondo l'Ispra, «vi è quella dovuta alla terbutilazina, utilizzata in particolare nella coltura del mais e del sorgo. La contaminazione è diffusa in tutta l'area padano-veneta ma anche in alcune regioni del centro-sud».

Fonte: Il manifesto, 20-12-2008

Acqua, un diritto universale

Acqua, un diritto universale
di Emilio Molinari, Rosario Lembo

Il 10 dicembre 2008 è stato il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Quale diritto umano è più universale, più naturale, più vitale, del diritto all'acqua? Eppure L'Onu, L'Ue, i G8, la stragrande maggioranza dei governi del mondo compreso il nostro, si rifiutano di dichiarare l'acqua come Diritto umano e si rifiutano di definire 50 litri di acqua di buona qualità per persona al giorno, come la quantità minima per vivere dignitosamente, così come afferma l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L'Onu non si pronuncia e il suo Consiglio dei diritto umani nel marzo scorso ha rinviato di tre anni il rapporto sui diritti umani.

Ma nel nostro paese nessuno sembra indignarsi per questo. L'acqua è un Bene comune? Lo afferma il Compendio alla dottrina sociale della Chiesa, il Cnel sostiene che non è un prodotto commerciale e persino il ministro Tremonti dichiara che non può essere regolato dal mercato. Ma il 6 agosto il parlamento italiano ha votato la legge 133 dove all'articolo 23 bis, si fa obbligo ai comuni di privatizzare tutti i servizi pubblici locali, compresi i servizi idrici, dichiarandoli servizi di «rilevanza economica», in una parola l'acqua potabile diventa un bene economico la cui gestione è affidata al mercato. Inoltre, cosa vuol dire privatizzare tutti i servizi pubblici locali? E' lo svuotamento più clamoroso della funzione dei comuni e della democrazia. Cosa resta ai comuni? Gestire le paure dei cittadini? Vendere territorio, parchi e coste agli speculatori di sempre per fare cassa? Mettersi a giocare in borsa con i derivati?
Succede in Italia. E alla Lega vorremmo dire: che senso ha parlare di federalismo quando i beni comuni fondamentali dei territori, vengono consegnati a multinazionali? Privatizzare tutta l'acqua potabile del nostro paese è un terribile salto nel buio, è privatizzare la vita stessa dei cittadini italiani, giocarla in borsa, consegnarla al profitto privato, nelle mani di un cartello monopolistico di 4 multiutility (Acea- Iride- Hera-A2A) , di 2 multinazionali francesi Suez-Lyonnais des eaux e Veolia, di alcune banche come il Monte dei Paschi e a imprenditori come Caltagirone e Pisante. E' inutile girare attorno alle parole: le privatizzazioni, la legge 133, l'art. 23 bis sono una nuova tangentopoli italiana, la conferma che nel nostro paese la questione morale è completamente trasversale.
Succede in Italia, mentre il comune di Parigi toglie a Suez e Veolia il servizio idrico e lo riprende nelle proprie mani pubbliche, mentre paesi dell'America latina dichiarano nelle Costituzioni che l'acqua è un diritto umano e un bene comune pubblico. Mentre nella stessa Europa il Belgio dichiara con leggi che l'acqua è un bene comune da gestire come servizio pubblico, in Italia la politica nel suo insieme partorisce la legge 133 art. 23 bis. Eppure pochi sembrano indignarsi col governo che mette ai voti una simile legge e con l'opposizione che lo attacca perché non ha privatizzato con più decisione. Nessuno si ribella né scende nelle piazze o sommerge con una valanga di mail i propri partiti. Qualche sindaco ha un moto di dignità, protesta, oppone resistenza, qualche coraggioso giornalista denuncia con forza la gravità di quanto sta accadendo, ma l'indifferenza della società civile sconcerta. Per l'acqua potabile, nelle mani delle multinazionali o della criminalità organizzata, per l'aria di cui si vendono le quote di inquinamento, per le morti sul lavoro, il cibo, la privatizzazione delle Università e della conoscenza, per i grandi diritti universali, sociali e collettivi, non c'è indignazione, né mobilitazione, nemmeno tra i lavoratori, chiusi di fatto in una dimensione corporativa. Solo gli studenti, con la loro lotta si collocano in questo passaggio epocale che è la mercificazione dei beni comuni di cui la 133 è la concretizzazione.

L'acqua che pure è donna e madre, è fertilità, non suscita reazioni nei movimenti femminili e femministi, e come nei movimenti per i diritti degli omosessuali. Eppure il diritto negato all'acqua, discrimina chi non ha i mezzi per pagarla e è la negazione d'ogni civiltà. Il bene comune chiede a tutti di cogliere l'interesse generale, il contenuto che unifica l'intera comunità e la chiama alla partecipazione.

Ecco perché In occasione della giornata Mondiale dei Diritti Umani, come Comitato italiano per un contratto mondiale sull'acqua lanciamo un appello a tutti i movimenti, affinché condividano la nostra indignazione e lottino con noi. E' un appello che rivolgiamo anche alla Chiesa italiana e alle sue massime autorità che proclamano il diritto alla vita nelle scelte personali, ma tacciono sulla vendita obbligata del dono di dio e non denunciano il mancato riconoscimento dell'universale diritto sociale e collettivo all'acqua per tutti.

Chiediamo al Parlamento europeo che concretizzi i principi della risoluzione del marzo 2006 sul carattere pubblico dei servizi idrici, alla commissione europea affinché al 5° Forum Mondiale di Istanbul riconosca il diritto all'acqua e affidi all'Onu il Forum mondiale. Ai parlamentari italiani chiediamo un ripensamento sull'articolo 23 bis e un piano di investimenti pubblici per riparare le reti idriche e per finanziare progetti pubblici che portino l'acqua potabile a chi nel mondo non ne ha.
L'Onu nel 2006 ci ha informato che c'è una Crisi Mondiale dell'Acqua, che entro 30 anni il 60 per cento della popolazione vivrà al di sotto della soglia del conflitto idrico di 1000 metri cubi all'anno per persona, che il 48 per cento della domanda di acqua resterà senza risposta, che gli epicentri della crisi saranno: Cina-India, Usa, Mediterraneo, che 820 milioni di contadini oggi al livello di sussistenza verranno spazzati via e che 1 miliardo di profughi idrici si aggirerà disperata per il mondo.

Ma 4 Forum Mondiali dell'Acqua, presieduti dalle multinazionali Suez Lyonnais des eaux e Veolia, hanno impedito l'affermarsi del diritto umano all'acqua, l'Onu nel marzo di quest'anno ha conferito a un gruppo di imprese multinazionali utilizzatrici dell'acqua (Nestlè, Coca Cola, Pepsi Cola, Unilever, Levi Strauss, General Electric) il mandato di redigere un «Patto Mondiale per l'Acqua» che assieme al 3° Rapporto sui Programmi di gestione mondiale dell'acqua, saranno presentate come proposte per il 5° Forum Mondiale dell'acqua (marzo 2009 Istanbul) .

Tacere di fronte a queste scenari è un crimine, che ci rende tutti responsabili di aver firmato una cambiale per le prossime terribili guerre. Denunciare questa indifferenza è il modo migliore per onorare la Dichiarazione universale dei diritti umani .
E il Comitato italiano che ha partecipato alla manifestazione promossa da un Coalizione europea di venti e più associazioni impegnate a difesa dell'acqua che si è svolta il 10 dicembre davanti al Parlamento europeo, intende farlo con questo appello.
* Comitato italiano Contratto mondiale sull'acqua-Onlus (
www.contrattoacqua.it)

Fonte: Il Manifesto del 19/12/2008, articolo di Emilio Molinari, Rosario Lembo

SICCITA’: SCORTE IDRICHE AI MINIMI STORICI, MANCANO 2 MILIARDI DI METRI CUBI D’ACQUA

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